Tiziana continua il suo racconto, mi dice che dipinge ascoltando la musica e che da piccola sognava di suonare in una orchestra.
“Non ho mai imparato a suonare uno strumento ma la musica mi accompagna sempre , mi stimola, mi rilassa e mi aiuta a concentrarmi.”
Presta le tue orecchie alla musica, apri i tuoi occhi alla pittura, e… smetti di pensare! Chiediti solamente se il tuo lavoro ti ha permesso di passeggiare all’interno di un mondo fin qui sconosciuto. Se la risposta è sì, che cosa vuoi di più?
Vassily Kandinsky
Tie-dye e Shibori
“Tie-dye” è un termine coniato negli anni ’60 negli Stati Uniti e significa letteralmente “pittura a nodi”. A dispetto del nome recente è in realtà una tecnica antichissima, diffusa un po’ in tutto il mondo fin dal 5.000 a.C. In ogni luogo è definita con nomi diversi e leggère differenze ci sono anche nella tecnica che viene utilizzata per realizzarla. C’è però un elemento comune che consiste nell’uso di nodi o piegature del tessuto che così trattato, una volta immerso nella tintura, non prenderà una colorazione uniforme creando degli effetti cromatici molto interessanti.
in India il tie-dye è conosciuto con il nome di Banfhana, in Sud America Plangi, in Giappone Shibori.
In alcuni casi il tessuto oltre ad essere annodato viene coperto parzialmente da resine o cera, che isolano ulteriormente il tessuto impedendo al colore di agire. E’ questa una evoluzione della tecnica di tintura a riserva, conosciuta già al tempo degli antichi Egizi, che attraverso una successione di bagni di colore alternati a disegni definiti con la cera, permette di produrre effetti di grande raffinatezza.
Il tie-dye, con la sua esplosione di colori divenne un simbolo degli hippie degli anni 60 e 70 per poi essere ripreso negli anni 90 dalla cultura grunge.
Rispetto alle tecniche di altri paesi più sofisticate e complesse il Tie-Dye utilizza colori primari e brillanti, creando disegni grandi e dal forte impatto visivo; il più semplice da realizzare, il più utilizzato e soprattutto di maggior effetto è la spirale arcobaleno.
Tiziana mi mostra due lavori fatti da lei con la tecnica tie-dye, in questo caso con pochi colori:
“Per la maglietta nera e blu ho piegato la seta come per fare un ventaglio; in questo caso ho fatto una legatura non troppo stretta perché volevo ottenere più sfumature. In seguito ho gettato il colore sulla seta così piegata, in modo casuale, un po’ di nero, un po’ di ciano terminando la colorazione con la cottura con la stufa per poi procedere al taglio e alla cucitura della camicia. Anche l’altra è tie-dye, in questo caso per prima cosa ho fatto delle legature con lo spago creando dei cerchi; poi ho steso il tessuto con le legature verso l’alto e col contagocce ho versato il colore magenta. Nel resto del tessuto ho usato altri toni di celeste. Il risultato è stato casuale, non sapevo esattamente cosa sarebbe venuto fuori, ma sono soddisfatta.”
“Col tie-dye si possono fare anche dei piccoli lavori utilizzando il forno a microonde per la cottura. E’ divertente da utilizzare per far fare lavoretti ai bambini perché il risultato si può vedere molto più velocemente che con la stufa. Oltre al microonde si può usare anche la pentola a pressione.
In entrambi i casi la stoffa dipinta viene protetta con abbondante carta assorbente e usando la pentola a pressione viene avvolta anche con la carta stagnola. Con questi metodi è più alto il rischio che si formino delle pieghe che lasceranno segni indelebili sul tessuto, perché avendo poco spazio il lavoro sarà arrotolato molto più stretto.”
Lo Shibori è più complesso del tie-dye, per realizzarlo oltre alle pieghe si utilizzano delle cuciture, una specie di imbastitura, che permette di tirare il tessuto formando delle pieghe strettissime e studiate all’interno delle quali il colore non penetra.
“Tutte le famiglie di tintori giapponesi – mi spiega Tiziana – hanno un decoro speciale di loro invenzione, una piegatura particolare, che crea un determinato disegno, che li rende riconoscibili e che non fa nessun altro. Nodi, piegature e cuciture definiscono motivi geometrici o più complessi, farfalle, fiori, foglie, uccelli pesci…”
Lo Shibori è considerato una vera e propria arte tramandata da maestro ad allievo.
Ancora oggi, le donne giapponesi che si sposano con l’abito tradizionale, portano come portafortuna nell’obi (la cintura che ha la funzione di mantenere chiuso il kimono), un piccolo fazzoletto tinto usando questa tecnica.
Fino al XX secolo in Giappone non si utilizzavano molte tinture, per questo il colore più usato nello shibori è tradizionalmente l’indaco in varie gradazioni e, in misura minore, il rosso corallo e il viola.
Pittura Sumi-e
“La cultura orientale occupa molto i miei pensieri – racconta Tiziana – in questo momento sto studiando una particolare pittura su carta, una specie di acquerello con inchiostro nero, si chiama sumi-e.”
Il termine giapponese “sumi” significa inchiostro nero, “e” invece significa pittura.
In questa forma d’arte i soggetti sono dipinti prevalentemente con l’inchiostro nero in gradazioni variabili dal nero puro a tutte le sfumature che si possono ottenere diluendolo con l’acqua. Non viene fatto un disegno preparatorio, l’artista si pone davanti al foglio bianco e respirando con calma sgombra la mente dai pensieri per far posto alla sola immagine di ciò che vorrà rappresentare.
” Con il minimo numero di pennellate possibile si deve ottenere il disegno immersi in una sorta di meditazione”, mi spiega Tiziana.
La mano procede naturalmente e senza sforzo, con piccoli tratti di pennello che riproducono l’immagine voluta. Il risultato è una pittura scarna che tralascia tutti i dettagli superflui che nel sumi-e non sono considerati abbellimenti ma elementi che offuscano la vera essenza dell’immagine rappresentata.
Eco printing
L’eco printing è una tecnica di stampa botanica che permette di trasferire i colori e la forma delle foglie e dei fiori su tessuto, carta o pelle. Il processo di lavorazione è ecologico in quanto non prevede l’uso di sostanze artificiali, ma utilizza solo elementi appartenenti al mondo vegetale con l’ausilio di minerali o sostanze di origine animale. Ciò che permette di ottenere la stampa è principalmente il calore insieme all’aceto ed al tannino, una sostanza contenuta negli stessi vegetali. Con l’eco printing la pianta lascia sul tessuto un’impronta perfetta che lo rende unico così come unica e irripetibile sarà la forma di ogni foglia e di ogni fiore stampati.
“Anche l’incontro con l’eco printing è stato casuale – racconta Tiziana – sono rimasta affascinata dalle stampe botaniche di India Flint, australiana e Irit Dulman, istraeliana.
Entrambe le artiste sono delle vere maestre di questa tecnica.
Ogni anno mi innamoro di qualcosa di nuovo da imparare, e così è stato anche per l’eco printing. Ho iniziato a leggere tutto quanto riuscissi a trovare sull’argomento e a cimentarmi con varie prove sia su tessuto che su pelle. Non è stato semplice perché nessuno racconta con precisione tutte le fasi del lavoro.”
Per prima cosa è necessario lavare benissimo il tessuto che sarà di fibre naturali, lana, lino, cotone, bamboo, o viscosa, poi si procede con la mordenzatura che sarà adeguata al tipo di tessuto usato.
“La mordenzatura è il procedimento necessario a preparare il tessuto per la tintura con i coloranti naturali – spiega Tiziana – la giusta mordenzatura determinerà la resistenza nel tempo dei colori sul tessuto, facilitando il legame tra le fibre ed i coloranti naturali.”
La mordenzatura classica è fatta con allume di rocca, aceto, carbonato di sodio e acqua. Si immerge il tessuto che si vuole stampare in questo composto e poi si fa asciugare senza sciacquarlo.
“Quando si è pronti per eseguire la stampa, si bagna nuovamente il tessuto spruzzandolo con l’aceto e si strizza benissimo, deve essere solo umido. Si dispongono poi le foglie e fiori così come ci suggerisce la nostra creatività e si sceglie se si vuole ottenere un effetto di stampa che non abbia colore sullo sfondo o se desideriamo invece uno sfondo colorato. Se lo sfondo deve essere neutro non si aggiunge nient’altro, altrimenti se si vuole uno sfondo colorato si prende un altro tessuto che si chiama “coperta vettore”. Questo viene bagnato con un colorante naturale (ce ne sono tantissimi tipi!) la cui concentrazione lo renderà più o meno scuro. Si strizza per togliere l’acqua in eccesso e si appoggia sopra al tessuto che vogliamo stampare con le foglie e i fiori già predisposti. A questo punto si arrotolano insieme i due tessuti su un supporto di legno, facendo attenzione a non fare pieghe, si legano stretti e si mettono a cuocere a vapore. Dopo novanta minuti di vapore si spenge il fuoco e si lascia il lavoro a riposo per due o tre giorni perché i pigmenti anche nel tempo di riposo continuano a tingere.”
Quando si apre il rotolo si iniziano a togliere le foglie. A contatto con l’aria si può vedere che l’ossidazione scurisce le impronte lasciate dalle foglie che saranno sempre più evidenti via via che passa il tempo.
Entrambi i tessuti riporteranno impressa la stampa delle foglie e dei fiori in modo speculare; in alcuni casi anche la coperta vettore ha un effetto di stampa interessante e può essere utilizzata anch’essa, ma generalmente il suo scopo è unicamente quello di permettere il trasferimento del colore al tessuto sottostante, di facilitare insomma quella reazione chimica che permette di realizzare la decorazione desiderata.
Dopo aver tolto tutte le foglie e i fiori si lascia asciugare il tessuto all’ombra, e per qualche giorno lo si tiene lontano dalla luce diretta. Poi si stira e col calore del ferro si consoliderà il pigmento sul tessuto. Solo allora si potrà lavare, con un sapone a ph neutro perché i colori altrimenti potrebbero modificarsi. Si asciuga e si stira di nuovo e finalmente i colori saranno resistenti nel tempo.
“Quello dell’eco printing è davvero un mondo vastissimo – continua Tiziana – le sostanze coloranti che si possono usare sono tante, e ognuna combinata con particolari fiori o a contatto con determinati minerali darà un effetto diverso. Per la mordenzatura si usa anche il ferro, il rame, e altri minerali che per quanto siano naturali, vanno maneggiati con estrema prudenza. E’ importante anche non disperdere nell’ambiente senza adeguate precauzioni l’acqua di immersione del tessuto. L’acqua di ferro ad esempio io la diluisco molto e poi ci annaffio le ortensie del mio giardino e grazie al ferro queste hanno le foglie molto più verdi”
Si ottengono effetti diversi, dunque, in base a molte variabili; se sono stati aggiunti o meno i tannini, di quale tipo è il minerale usato per la mordenzatura e con quale concentrazione .
“Ad esempio – dice Tiziana – la cocciniglia è un colorante estratto da un insetto che dona al tessuto un colore rosa fucsia più o meno intenso a seconda della concentrazione che si adopera. Se però si usa la cocciniglia con un panno imbevuto di acqua ferrosa, il colore diventerà violetto spento; se la percentuale di ferro nell’acqua sarà ancora maggiore il colore tenderà al grigio… sono tutte reazioni chimiche che con l’esperienza si imparano a conoscere.”
Gli effetti cambiano anche variando i tipi di foglie e di fiori perché non tutti lasciano un’impronta perfetta; Tiziana sceglie le foglie e i fiori da usare nelle stampe durante le sue passeggiate in campagna e mi dice che anche la stagione della raccolta può influenzare il risultato finale; foglie della stessa pianta raccolte in momenti diversi dell’anno possono dare effetti diversi.
Ma lo stupore, vi assicuro, è sempre garantito!
“Non riesco a immaginare una vita senza piante di qualche tipo … e le loro fragranze riportano alla mente ricordi tanto quanto le piante stesse. I gigli, le fresie e le viole della nonna, le rose antiche coltivate da talee del cimitero, gli alberi di ginkgo e le mele selvatiche coltivate da semi intascati…”
India Flint