Silvia continua il racconto della sua infanzia al podere di Torre a Decima, le tornano in mente momenti emozionanti e immagini di felicità ma anche attimi di paura come quella volta che la fattoria prese fuoco.
“Un giorno il bosco intorno alla casa si incendiò, sarà stato il 1979/80… Mia madre prese me ed i cavalli e scappò via. Ho solo qualche ricordo confuso del fumo, delle fiamme e della fuga… quella è stata la seconda volta che sono riuscita a scamparla egregiamente.”
Lo zio di Silvia riuscì a fermare il fuoco e a salvare la casa e la vita riprese a scorrere per tutti con gli stessi ritmi.
“Avevamo ottimi rapporti con gli abitanti delle coloniche circostanti, erano tutti mezzadri, contadini che si aiutavano reciprocamente. Qualcuno prestava le vacche per i carri, qualcun altro potava gli ulivi, c’era collaborazione e si scambiavano favori.”
Silvia ne parla come di un mondo ideale, mi racconta la raccolta delle olive e la vendemmia che vedeva riunite tutte insieme le varie famiglie del contado a vivere e a lavorare in armonia.
“Si mangiava tutti insieme pane e prosciutto tra i filari… ricordo il trattore che passava in mezzo alla vigna e noi che si vuotavano i panieri pieni d’uva… era bello.”
La scuola
Il paese più vicino a Torre a Decima per andare a scuola era Molino del Piano.
“Avevo degli amici, con qualcuno mi sento ancora oggi, ma non li frequentavo molto.
Dopo la scuola preferivo andare in giro con la mia moto da cross, una moto piccola da bambini, oppure a cavallo, ero sempre in giro per i boschi.
Mi piaceva stare da sola, mi sono sentita spesso un pesce fuor d’acqua, a scuola, con gli amici ma anche in famiglia, eppure sono una persona socievole e di compagnia quando mi trovo con anime a me affini…”
Silvia aveva all’epoca diversi cavalli e sapeva cavalcare. Il suo amore per gli animali è nato con lei e nel tempo è cresciuto permeandosi di profondo rispetto.
“Ciò che amava nei cavalli era la stessa cosa che amava negli uomini, il sangue e il calore del sangue che li animava. Tutta la sua stima, la sua simpatia, le sue propensioni andavano ai cuori ardenti. Così era e sempre sarebbe stato.”
Cavalli selvaggi – Cormac McCarthy
Nel 1991 la famiglia di Silvia fu sfrattata dai nuovi proprietari del podere e si trasferì a Vicchio di Mugello, sempre in aperta campagna. Silvia, all’epoca quattordicenne, si iscrisse all’Istituto Tecnico per geometri di Borgo San Lorenzo.
Dopo il diploma ha svolto per diversi anni la professione di geometra raggiungendo delle soddisfazioni economiche che però non l’appagavano completamente.
“In quel periodo viaggiavo con una cabriolet sportiva e avevo un Rolex al polso, ero firmata da capo a piedi. L’apparenza! Poi è successo qualcosa…Ho iniziato a osservare tutto in modo diverso, come se avessi tolto dei filtri. Finalmente vedevo il mondo per come era davvero e non per come mi ci stavo adattando io! Mi sono guardata e quella me che osservavo non mi piaceva più. Da lì in poi una scelta dopo l’altra. Il Rolex lo vendetti per pagare il funerale della mamma, penso che sia stata la sua fine migliore.”
Dopo anni passati a lavorare “con la testa” Silvia sente che le manca qualcosa.
“Quel qualcosa era il mio Mowgli interiore, la mia identità. Dieci anni fa sono tornata a vivere nel bosco, ho abbandonato le consulenze e ho ripreso a lavorare con l’immaginazione e tutto quello che questa può far fare attraverso le mani. Ho iniziato a creare e da allora non ho più smesso.”
La decrescita economica
Dieci anni fa Silvia ha deciso di vivere seguendo l’etica alimentare e materiale; ha scelto la decrescita economica decidendo di essere un tassello di quel mondo che vorrebbe contribuire a costruire, un mondo migliore, dove uomini e animali vivono in simbiosi , dove la natura è rispettata e le persone scelgono di condividere piuttosto che accumulare, sprecare, distruggere e ignorare il prossimo.
“Siamo solo di passaggio su questa terra.” – dice Silvia – ” Ma il modo in cui viviamo ed impattiamo su di essa può fare la differenza su come la lasceremo al prossimo. Siamo tutti fratelli, siamo tutti collegati da un filo invisibile e quello che facciamo oggi non è altro che il nostro proseguimento nel domani.”
Mi invita a vedere il docufilm “Un altro mondo” di Thomas Torelli e mi chiede di scriverlo su questo articolo perché spera che possa essere di ispirazione anche per altri che lo vedranno.
“Quella che si chiama “tarda società industriale” ha assunto gli stessi strumenti di condizionamento dei totalitarismi (fascismo, nazismo, stalinismo). Li ha assunti ed elaborati allo scopo principale di fare in modo che la gente comprasse quello che gli viene detto di comprare.
Igor Sibaldi – da “Un altro mondo” docufilm di Thomas Torelli
Questo è lo strumento su cui attualmente si fa leva per tenere la gente immobile.”
Tutte le scelte della vita quotidiana di Silvia mirano a impattare in modo etico sull’ambiente, per questo utilizza solo saponi naturali e acquista prodotti biologici da contadini locali, ha un suo orto, non compra animali d’affezione ma accoglie quelli abbandonati, usa un’auto di piccola cilindrata, si scalda con la legna e combatte gli sprechi.
“La decrescita economica è una scelta consapevole che ho maturato a trentacinque anni.” – racconta Silvia – ” A volte dobbiamo fare dei lunghi giri passando da altro per poi tornare “sicuri” là da dove siamo partiti. E’ un passaggio, dobbiamo passare dentro a tutto per averne esperienza; se non si fa, se si resta dove siamo sempre stati, lo si fa per ignoranza e non per vera scelta.” continua Silvia.
“Abbiamo bisogno di vivere, di fare e provare le cose che non abbiamo mai provato per poi scegliere e capire cosa vogliamo davvero e soprattutto chi siamo.
Ed io ho scelto di rifiutare il consumismo del sistema economico attuale, lo spreco, l’usa e getta; non voglio essere complice di questo sistema globalizzato che crea solo infelicità e disparità sociali.”
“Il nostro tempo è diventato un incubo meccanizzato. La mattina ci sveglia una macchina, ci mettiamo in un’altra macchina che ci porta nel nostro luogo di lavoro dove, vogliamo scommettere che il nostro lavoro consiste nel mandare avanti macchine per tutto il giorno. E al termine di una giornata di lavoro di questo tipo ci rimettiamo in una macchina e torniamo a casa dove ci sono altre macchine che si incaricano di divertirci e nutrirci. Al termine di un mese di questa vita riceviamo, in cambio del nostro tempo che è sacro, una quantità di denaro che è l’ipnosi collettiva meglio riuscita su questo pianeta, e con quel denaro corriamo tutti contenti a comprare nuove macchine”
Antonio Giacchetti – Responsabile Pan Italia (planet Art Network) ed esperto di cultura Maya
dal film “Un altro mondo” di Thomas Torelli
Il cambiamento di vita è passato anche attraverso un corso che Silvia ha seguito per diventare life coach. L’esperienza del corso l’ha portata a scrivere un libro:
“La formula per la felicita”
“Volevo scrivere un manuale che desse tutte quelle informazioni valide per tutti senza necessariamente spendere tanti soldi e tempo per avere dei risultati.”
“Nel libro si trova una me di dieci anni fa”– continua Silvia – “in realtà sono cambiata ancora. Evolvere continuamente è il migliore augurio che possa fare a chiunque. Per illustrare la copertina scelsi infatti una spirale, simbolo proprio della evoluzione infinita.“
“Mai smettere di conoscere. Mai smettere di mettersi in discussione e cambiare. Mai smettere di imparare cose nuove.”