Prima di lasciare Prato chiediamo a Beppe Allocca di suggerirci una ricetta tipica del suo territorio. Ci parla senza esitazioni del sedano ripieno, ricetta pratese di probabile origine medievale poiché se ne trova traccia in alcuni dipinti di autori toscani del XVI secolo e anche in alcuni ricettari dell’epoca.
Oggi il sedano ripieno viene preparato e gustato l’8 settembre durante la tradizionale fiera di Prato.
Di questa ricetta esistono varie versioni e ogni famiglia nel tempo ha elaborato la sua anche perché, come accade per tutti i piatti poveri di origine popolare, le variazioni erano spesso dettate dalla disponibilità o meno di certi ingredienti.
Il sedano è un ortaggio versatile che si presta a molti utilizzi diversi.
Ingrediente fondamentale per il soffritto può essere anche consumato crudo, in pinzimonio o abbinato a formaggi; essiccato può insaporire piatti e insalate al posto del sale.
Le proprietà del sedano sono numerose, contiene pochissime calorie e pertanto è indicato nelle diete ipocaloriche. Contrasta la ritenzione idrica e le sue fibre aiutano a ridurre trigliceridi e colesterolo. Facilita la digestione, l’assorbimento dei gas dell’apparato digerente e può essere di aiuto anche in alcuni casi di ipertensione.
La coltivazione del sedano richiede molta acqua, specie in estate e il sistema idrico pratese, fondamentale per l’industria manifatturiera, già nel Medio Evo forniva acqua in abbondanza che veniva utilizzata anche per l’irrigazione. Grazie all’acqua delle gore gli orti di Prato nel cinquecento erano molti e particolarmente rigogliosi. I mercati fiorentini erano ricchi di verdure pratesi e fra queste non poteva mancare il sedano.
INGREDIENTI per 4 persone:
sedano
300 gr di carne macinata di vitello
150 gr di mortadella di Prato o mortadella tradizionale.
a piacere si possono aggiungere anche fegatini di pollo tritati e rosolati precedentemente in padella con olio e cipolla.
1 ciuffo di prezzemolo
50 gr di parmigiano
1/2 spicchio d’aglio
5 uova
50 gr di farina
200 ml di olio d’oliva EVO
Sale/pepe nero/ noce moscata q.b
ragu’ di papero o di carne o, come variante più leggera, salsa di pomodoro.
Preparazione:
Per prima cosa si puliscono bene i sedani togliendo i fili delle nervature, si tagliano in pezzi di circa 8/10 cm e si scottano in acqua bollente salata.
Si fanno poi freddare coprendoli con un canovaccio con sopra un peso per far uscire tutta l’acqua. Metà coste saranno riempite di impasto, l’altra metà sevirà per chiudere quelle ripiene.
Nel frattempo si prepara l’impasto mescolando il trito di carne di vitello e mortadella col prezzemolo, le foglie più tenere del cuore di sedano, il parmigiano, il mezzo spicchio d’aglio, due uova, il sale, il pepe e la noce moscata.
Una variante piuttosto diffusa vede l’aggiunta all’impasto anche di fegatini tritati e rosolati in padella con la cipolla.
Si riempiono le coste con l’impasto e si chiudono a sandwich servendosi delle coste vuote tenute da parte.
Si infarinano le costole ripiene e si passano poi nell’uovo sbattuto.
Si passa poi a friggerle nell’ olio bollente scolandole bene dall’olio e appoggiandole per asciugarle sulla carta da fritto.
Si mette poi a scaldare il ragù in una teglia larga.
La tradizione pratese vuole il ragù di papero ma ci sono varianti anche col ragù di carne tradizionale.
Appena il ragù ha preso il bollore ci si immergono i sedani ripieni fritti.
Altra variante propone di ripassarli nella salsa di pomodoro anziché nel ragù per avere un piatto un po’ più leggero.
Si cuoce il tutto a fuoco lento col tegame coperto finché i sedani non avranno preso un bel colore rosso mattone.
Impiattare aggiungendo un fiocco di burro su ogni sedano con sopra una spolverata di parmigiano.
La nostra curiosità ci ha portato a cercare qualche notizia in più su alcuni ingredienti di questo piatto.
In particolare vi raccontiamo la mortadella pratese e il ragù di papero.
La mortadella pratese
Questo salume veniva originariamente prodotto con le carni scartate dalla produzione della finocchiona o comunque con carni di seconda scelta. E’ dunque un prodotto “povero” diffuso in tutto il territorio pratese e nei comuni di Agliana, Quarrata, Montale fino alla provincia di Pistoia.
Le spezie con cui veniva aromatizzato ( pepe nero macinato e in grani, aglio, coriandolo, cannella e chiodi di garofano) fanno pensare ad origini medievali.
I primi documenti che certificano la Mortadella di Prato come prodotto originario della città toscana risalgono al 1733, in occasione della beatificazione di suor Caterina de’ Ricci quando le monache dei monasteri domenicani di Prato allestirono per gli ospiti un pranzo dove questo salume figura come specialità locale.
Negli anni Cinquanta del Novecento il maggior benessere della popolazione dirottò le preferenze dei consumatori su prodotti considerati più raffinati tanto che la sua produzione fu sospesa per molti anni rischiando di perdere per sempre questa specialità.
Negli anni Novanta è stata riscoperta da alcuni artigiani locali diventando presidio Slow Food dal 2000 e prodotto a marchio IGP da febbraio 2016.
Il disciplinare oggi prevede l’utilizzo esclusivo di carne suina italiana: spalla, rifilatura di prosciutto, capocollo, guanciale, lardone e pancetta. Le carni vengono macinate e impastate insieme a lardelli di grasso (20% circa) e quindi mischiate a spezie a cui si aggiunge l’ingrediente più originale e caratterizzante: l’alchermes.
Questo liquore tradizionalmente usato in pasticceria contribuisce a dare alla mortadella un colore rosa acceso bilanciando il gusto speziato con note più dolci.
Inventato dalla famiglia dei Medici l’alchermes fu esportato in Francia da Caterina de Medici ed era conosciuto oltralpe proprio col nome di “Liquore de’ Medici”. Oggi si può acquistare a Firenze presso la storica Farmacia di Santa Maria Novella che ne conserva la ricetta originale.
Il liquore è ricavato dall’aggiunta all’alcol di varie spezie, ma l’ingrediente più particolare è la cocciniglia, insetto parassita da cui si traeva il colorante per le tintorie; è dunque un prodotto fortemente legato al territorio pratese e oltre alla colorazione del salume partecipava anche alla conservazione del prodotto. Il nome alchermes viene dalla parola araba al qirmiz, che indica sia l’insetto che il colore.
Le femmine della cocciniglia secernono acido carminico, di colore rosso intenso, per difendersi dai predatori ed è infatti dalle femmine essiccate che si ricava una polvere colorante da cui si ottiene il colore rosso carminio che contraddistingue il liquore.
Per ottenere 2 litri di liquore sono necessari:
600 gr di Alcool puro a 95°
600 gr di Zucchero
100 gr di Acqua di rose
10 gr di cocciniglia essiccata in polvere
10 gr di Cannella
10 gr Coriandolo
3 gr di Macis
10 granelli di cardamomo
4 Chiodi di garofano
5 gr di Scorza d’arancio
3 gr di fiori di Anice stellato
1/2 stecca di Vaniglia
Ragù di papero
Il papero in umido era il piatto che veniva servito dopo la battitura del grano e in occasione della vendemmia, quando venivano imbandite grandi tavolate per i contadini e i loro aiutanti.
Il papero, detto anche anatra domestica, era ingrassato con cura per un anno intero e sono proprio le sue carni ricche di grasso a caratterizzare il sapore di questo ragù.
La ricetta è presente anche in “La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi sotto il nome di anatra domestica in umido.
Ingredienti:
1 papero di circa 3 chili
1 carota
1 cipolla
1 rametto di salvia
1 rametto di rosmarino
1 ciuffo di prezzemolo
2 foglie di basilico
1 bicchiere di vino rosso
1 chilo di pomodori pelati schiacciati
2 cucchiai da tavola di concentrato di pomodoro
1 cucchiaino da tè di fiori di finocchio
1 pugno di olive nere dolci
olio di oliva EVO
sale
pepe nero
Preparazione:
Si pulisce e si spella il papero, si toglie il grasso e si tiene da parte.
Si prepara il battuto con gli odori e lo si mette a rosolare con l’olio.
Quando le verdure sono ben rosolate si aggiunge il grasso del papero e si continua la rosolatura.
Si taglia a pezzi il papero e si macina al tritacarne la carne disossata .
Si mette il trito di carne in un tegame e si fa rosolare a fuoco vivo insieme al grasso e agli odori.
Quando ha preso colore si bagna col vino, si fa evaporare e si unisce alla conserva sciolta in un po’ di olio caldo e ai pomodori pelati schiacciati.
Per portarlo a cottura si aggiunge acqua, si aggiusta di sale, si aggiunge il pepe e si cuoce coperto a a fuoco basso per almeno tre ore.
A fine cottura si aggiungono le olive e il fiore di finocchio.