Stefano Ciappi prosegue il suo racconto parlandomi dell’influenza che ha avuto sulla sua formazione vivere a Certaldo e frequentare San Gimignano “ma più di tutto – mi dice – è stata Firenze a farmi diventare quello che sono oggi; inserirmi negli ambienti dell’artigianato e della moda per me è stato fondamentale”.
Formazione
Per quanto riguarda la scuola Stefano mi dice che la sua famiglia non ha interferito sulla sua scelta di indirizzo di studi, per i suoi genitori era importante soltanto che lui portasse a termine il percorso intrapreso e prendesse un diploma.
“Ho sempre avuto un carattere molto indipendente – racconta – la parola più importante per me, quella che ho sempre avuto stampata in mente, è “autodeterminazione”. Quello che mi dicevano gli altri non mi interessava più di tanto, che fosse detto dai miei genitori o dagli insegnanti per me era la stessa cosa. Scendevo a compromessi, accettavo il fatto che i miei genitori mi insegnassero delle regole importanti per imparare a stare al mondo, il rispetto, l’onestà, l’importanza della cultura, ma io avevo un unico bisogno che era quello di autodeterminarmi.
Scelsi di iscrivermi ad una scuola che non aveva niente a che vedere col mio lavoro di adesso.
Senza pressioni esterne e con una certa indifferenza scelsi chimica industriale perché sembrava scontato che dovessi entrare a lavorare con mio padre nella sua azienda di materie plastiche. Finita la scuola iniziai effettivamente a lavorarci come operaio ma mi resi anche conto che quella non era la mia strada.”
L’incontro con Kyle Bradfield
In seguito al padre di Stefano si presentò l’occasione di vendere l’azienda ad una multinazionale e visto che nessuno dei suoi figli era interessato a continuare quel lavoro, accettò di cederla.
“Chiuso quel capitolo mi sono buttato su tutt’altro – continua Stefano – inserendomi nel mondo dell’artigianato e posso dire senza ombra di dubbio di esserci entrato dalla porta principale. Diventai per caso l’assistente di Kyle Bradfield, famoso artista e vetrinista americano che a Firenze curava gli allestimenti di Luisa Via Roma.”
La storia di Luisa Via Roma inizia nel 1929 quando Luisa Jaquin apre insieme al marito, il fiorentino Lido Panconesi, una boutique di cappelli al civico 19/21r esattamente dove ancora oggi si trova il prestigioso marchio. Dalla fine degli anni 60 subentra nella gestione dell’azienda il nipote della coppia, Andrea Panconesi, che trasforma il negozio in un polo di ricerca di nuovi marchi e stilisti di moda, portando a Firenze nomi come Kenzo e Yohji Yamamoto. Negli anni 80 il marchio Luisa Via Roma diventa un punto di riferimento per gli amanti del lusso e il negozio di Firenze, completamente ristrutturato, si trasforma proponendo capi di moda dei migliori designer del mondo.
“Anche l’artista Kyle Bradfield condivide il suo genio creativo con LUISA VIA ROMA. Il suo profondo senso estetico e la sua particolare maestria danno alle vetrine di Luisa Via Roma un’impronta visionaria, rendendole le più apprezzate al mondo.”
Alessandro Sicuro “La storia di Luisa Via roma”
Kyle Bradfield cambiava la vetrina ogni dieci giorni e ogni volta creava qualcosa di straordinario e originale. Stefano Ciappi per tre anni ha lavorato con Kyle partecipando alla creazione di alcuni dei suoi più celebri allestimenti.
“Io e Kyle ci siamo conosciuti il giorno del suo compleanno diversi anni fa – mi dice Stefano – avevamo degli amici in comune a Firenze. Sapevo che lavorava per Pitti e per Luisa Via Roma ma fino a quel momento lo conoscevo solo di vista.
Quel giorno, essendo il suo compleanno, volli presentarmi a lui con un regalo che potesse stupirlo, ad un artista del suo spessore dovevo regalare qualcosa che non fosse banale.
Andai in una polleria qui a Certaldo, e comprai un’anatra spennata e pulita. Ci attaccai cinque fili alle ali, alla testa, alla coda e una centrale trasformando la povera bestia in un burattino. Kyle rimase favorevolmente scioccato da questa mia iniziativa e fu per lui un perfetto biglietto da visita.
La settimana seguente ero a lavorare con Kyle da Luisa Via Roma.”
«Andrea (Panconesi) scovò Kyle nel suo laboratorio a Santa Croce e fu subito amore. Kyle rivoluzionava la vetrina come un palcoscenico, con idee che incuriosivano la città e che fecero anche discutere. Come quando espose un’opera macabra dell’artista statunitense Joel-Peter Witkin, o quando riprodusse la grande immagine del Che Guevara ricoprendo il basco con enormi paillettes dorate». Una stravaganza che suscitò l’ira di alcuni passanti che gettarono contro la vetrina un tombino.
Corriere fiorentino “E il negozio di cappelli diventò un set mondiale” 5 aprile 2019
Allestimenti scenografici che realizzava in tempi record con l’aiuto degli artigiani e delle botteghe di Firenze. «Andava da Maselli per una cornice in legno, come da Emmaus o da Barnaba per un oggetto di modernariato. Anche al deposito dei costumi teatrali del Comunale. Il risultato era sempre stupefacente».
“L’esperienza con Kyle Bradfield – continua Stefano – è stata bellissima, lui era un artista di grandissima creatività, abbiamo avuto la possibilità di realizzare cose pazzesche!
Dovevamo fare allestimenti di vetrine che risultassero sensazionali, la creatività era al primo posto e per realizzare tutte le sue idee era indispensabile una grande manualità.
Lavorare con Kyle mi ha permesso di avere la conferma di una cosa che io avevo sempre pensato, e cioè che si poteva creare qualsiasi cosa da qualsiasi altra cosa. Con lui tutto era valido, sia a livello artistico ed espressivo che anche artigianale. Si poteva utilizzare qualsiasi materiale, non c’erano limiti di alcun tipo! Da quel periodo di sperimentazioni e manualità ho imparato moltissimo.”
La scuola di tessitura di Graziella Guidotti
La formazione di Stefano continua poi indirizzandosi verso la tessitura.
“Mia cugina – continua Stefano – mi ha coinvolto in un suo progetto, un negozio di artigianato e tessitura a San Gimignano. Era pertanto indispensabile che imparassi le tecniche necessarie a diventare tessitore. E’ stata di nuovo Firenze a darmi questa opportunità; presso lo studio di tessitura di Graziella Guidotti ho frequentato diversi corsi grazie ai quali ho appreso le competenze e i segreti di questa lavorazione artigianale.”
Graziella Guidotti è una storica del tessuto, esperta della tessitura tradizionale italiana; bravissima insegnante, ama condividere le sue conoscenze e tramandarle alle nuove generazioni. Designer tessile è una vera artista che sa utilizzare le tecniche più antiche dell’intreccio coniugandole con quelle più moderne.
C’è stato un momento in cui i due lavori di Stefano si sono sovrapposti:
“Con Kyle abbiamo fatto una vetrina da Luisa Via Roma con un telaio e io stavo in vetrina a lavorare. Era la fine degli anni 90, fu un allestimento molto particolare in occasione di Pitti Filati.”
La tessitura di Stefano Ciappi
Dopo aver frequentato i corsi di tessitura di Graziella Guidotti, Stefano inizia a lavorare con sua cugina nel negozio-laboratorio di san Gimignano.
” Il negozio si trovava nella via centrale – mi spiega – ci occupavamo di tessitura e artigianato in generale. Poi mia cugina se ne è andata e per due anni ho gestito il negozio completamente da solo. Ricordo quel periodo come una esperienza infernale, sia perché non amo stare al pubblico tutto il giorno, sia perché gli orari del negozio di San Gimignano erano pesantissimi da sostenere. Ho dunque venduto il negozio decidendo di aprire uno studio per conto mio”
Il nuovo studio di Stefano Ciappi si trova a Certaldo sopra la sua abitazione.
“Al momento ho quattro telai, tutti manuali, di misure diverse. Alcuni sono stati costruiti completamente da me, come quello che porto alle fiere e mercati per fare dimostrazioni di lavorazione dal vivo; altri li ho fatti solo parzialmente.
La mia esigenza primaria continua ad essere sempre quella di fare le cose da solo con le mie mani”
Stefano mi spiega che la scelta delle fibre e dello stile da dare ai suoi prodotti non è stato influenzato tanto dall’ambiente della moda o dalla frequentazione di Pitti, quanto piuttosto dall’esperienza maturata negli anni di lavoro al negozio di San Gimignano.
“Quando ho iniziato la mia produzione – mi spiega – ho fatto una scelta più commerciale che stilistica. Nel negozio di San Gimignano ho avuto la possibilità di capire quali fossero le tendenze che incontravano maggiormente il favore del pubblico e mi sono lanciato in quella direzione.
Il mio desiderio era quello di essere vendibile e questa mia scelta è stata criticata talvolta aspramente da alcune persone. Io non ho mai preteso di essere un artista della tessitura, non mi esprimo con la tessitura, non vivo per la tessitura. L’ho studiata bene, la conosco e so che può essere un’arte anche molto alta, ma non nel mio caso, non era questo il fine del mio lavoro.
Quelli che pensavano di ferirmi dicendo che io sono “l’Ikea della tessitura” non si rendono conto che con le loro parole in realtà mi hanno fatto un complimento. Non basta certo saper fare una sciarpa a saia per essere un’artista: certi tessitori sono dei presuntuosi veramente ridicoli, l’arte è altro! La mia scelta era esattamente quella di restare a un livello più commerciale, per quanto sempre rispettoso di quello che sentivo nelle mie corde. Scelta, mi rendo conto, totalmente in contrapposizione all’esperienza che ho vissuto quando lavoravo con Kyle; in quegli anni sì che il mio lavoro esprimeva davvero una creatività artistica!”
Stefano conclude sottolineando l’importanza di essere un artigiano prima ancora che un tessitore.
“Per me essere un artigiano significa intervenire su quello che mi circonda, sulle cose che ho intorno nel contesto nel quale vivo. Se io cambio le cose che ho intorno vuol dire che sono vivo, l’atto di cambiare la materia è per me di primaria importanza. Io volevo fare l’artigiano e mi sono trovato a fare il tessitore ma avrei potuto fare anche altro, chissà, magari il falegname…”
Gli chiedo quale sia la sua più grande soddisfazione in questo lavoro e la sua risposta è coerente con il principio di autodeterminazione che ha sempre inseguito nella sua vita:
“Provo soddisfazione ogni giorno – mi dice – quando realizzo di aver rispettato il mio programma di lavoro in completa libertà, con i miei tempi, in base alle mie scelte e all’obiettivo che mi sono prefissato di raggiungere”
“L’azione dell’individuo in quanto agente causale nella propria vita e la possibilità di prendere decisioni riguardanti la qualità della propria esistenza libere da interferenze ed influenze esterne”.
Michael Wehmeyer sul concetto di autodeterminazione.