Imparare un mestiere
Arturo Badii prosegue il suo racconto.
“Nel 1965 finii le scuole medie, in quegli anni non era difficile trovare un lavoro, mi capitò l’occasione di lavorare in una fabbrica di lampadari e accettai.”
Era un lavoro da magazziniere, ripetitivo, e non gli piaceva; Arturo sentiva il bisogno di dedicare il suo tempo a qualcosa che gli desse soddisfazione, voleva imparare un mestiere, così lasciò quel primo impiego e iniziò a lavorare in un’ officina di forgiatura a Firenze; questo lavoro gli piacque subito.
“Era stimolante, mi piaceva veder trasformare i materiali per realizzare complementi di arredo, anforine di rame e ottone, vasetti traforati col vetro soffiato, minibiciclette in filo di ferro, tutti quegli oggetti insomma che andavano di moda all’epoca come soprammobili.”
Imparò ad usare la fiamma ossidrica, a piegare il metallo, ferro, rame, ottone e tutto questo lo appassionava. La distanza da casa però rendeva faticosi gli spostamenti, così quando i titolari di una ditta di ferro battuto di Greve in Chianti gli chiesero di andare a lavorare con loro, Arturo accettò ben volentieri.
Il nuovo lavoro a Greve era da vero e proprio fabbro, imparò ad usare la forgia, la saldatrice e il martello. Producevano molte cose, sgabelli, letti, inferriate e le foglie per i lampadari. Era un lavoro duro ma ad Arturo piaceva e si impegnava al massimo per fare del suo meglio.
Dall’alba a sera, di settimana
Poesia del fabbro – giacomo zanella
in settimana, sovra l’incude,
come i rintocchi d’una campana,
suonano i colpi del martel rude;
sulle stridenti braci, il ventoso
mantice anela senza riposo.
I fanciulletti, che dalla scuola
tornano, all’uscio fermano il passo
e contemplando senza parola
stanno il martello, che or alto or basso
fuor della soglia correre a mille,
come la pula, fa le scintille.
Si può dire dunque che è stato il caso a portare Arturo a conoscere il mondo dei metalli e a imparare un mestiere antichissimo attraverso il quale ha potuto esprimere la sua creatività.
“Difficile dire se mi sarebbe piaciuto fare altro nella vita, chissà, magari vivendo in un altro ambiente avrei fatto altro. Mi piaceva dipingere, quello si, ma non potendo fare un corso specifico non so che soddisfazioni avrei potuto trarne. So per certo invece che i metalli di soddisfazioni me ne hanno date tante.”
A ventitrè anni Arturo decise di mettersi in proprio. Il suo laboratorio si trovava a pochi metri dal nostro attuale negozio, in Via dell’Arco, a Greve in Chianti, nei pressi dell’ ex Antico Pastificio. Iniziò con pochi mezzi e appena guadagnava qualcosa investiva subito in attrezzature per la sua officina.
“I momenti difficili e di sconforto sono stati molti, non nascondo che ho avuto anche voglia di mollare tutto. In quegli anni faticosi ho scoperto in più occasioni con amarezza che persone che sembravano amici o buoni clienti erano invece tutt’altro. Ho imparato la diffidenza verso tutto e tutti. Mia moglie mi è sempre stata di supporto, mi ha incoraggiato ad insistere e ad andare avanti e se ho continuato questo lavoro è stato grazie a lei. C’è voluto tempo, pazienza e dedizione, poi piano piano hanno iniziato a conoscermi e sono arrivate le prime soddisfazioni. In quegli anni ho lavorato tanto ma non c’era tempo per creare, realizzavo solo lavori su commissione perché la cosa fondamentale era riuscire ad andare avanti e il tempo che ho passato a lavorare è stato maggiore di quello trascorso con la mia famiglia.
Mi sono reso conto delle mie capacità il giorno che osservando un lavoro svolto sono stato io il primo ad apprezzarlo.”
Poi è arrivata l’età della pensione e da quel momento Arturo ha potuto dedicarsi a quello che gli piaceva di più.
“Finalmente lavoravo i metalli per mia soddisfazione e non solo per il guadagno.”
” Volevo mettermi alla prova, vedere fino a dove potevano arrivare le mie capacità”.
Fra le tante opere particolari ricorda un tempietto con 4000 foglie di rame realizzato per il parco di una villa.
La sua maggiore fonte di ispirazione è la natura; con i metalli che nel tempo ha imparato a trasformare Arturo ha realizzato quegli alberi osservati a lungo da bambino. Ecco allora un ramo di quercia, una vite, un ulivo, un cipresso, un giaggiolo, carciofi, ricci e castagne, cesti intrecciati… tutto quello che Arturo conosce bene.
pigna e aghi di pino Vite – dettaglio
Giaggiolo – dettaglio La quercia
Arturo si è poi misurato anche con la realizzazioni di statue, un Cristo, il dio Vulcano, San Francesco, Santa Chiara e ogni volta che ha creato qualcosa di nuovo per lui è sempre stata una nuova sfida.
Cristo Uomo
Negli ultimi dieci anni le mostre e i riconoscimenti sono stati molteplici.
Nel 2009 ha partecipato al campionato del mondo di forgiatura trovandosi a contatto con tanti fabbri più conosciuti di lui che gli hanno dato lo stimolo a provare nuove lavorazioni perché come dice Arturo “C’è sempre da imparare qualcosa di nuovo!”
Nel 2012 ha ricevuto il premio “Cittadino emerito” dal Sindaco di Greve in Chianti.
Nel 2014 in Palazzo vecchio a Firenze ha ricevuto il premio di Tutte le Arti, Fondazione Elisabetta e Maria Chiara Casini in ricordo delle persone che si sono suicidate per problemi di lavoro.
Nel 2015 ha donato al Comune di Figline Incisa l’opera alta tre metri “Il cipresso della Pace”
Il Museo di Gaville
Arturo Badii è socio del Museo dell’arte contadina di Gaville. Questo museo è nato nel 1974 nei locali attigui alla millenaria Pieve Romanica di San Romolo a Gaville nel Valdarno con l’intento di salvaguardare la memoria del mondo contadino.
Arturo mi spiega che La Casa della Civiltà Contadina di Gaville non è un semplice museo, ma un luogo di incontro fra generazioni; i ricordi dei più anziani permettono ai più giovani di conoscere le loro radici.
” Nelle stanze della casa adiacente alla pieve- racconta Arturo – sono stati ricostruiti ambienti di lavoro e di vita contadina allestendo arredi e oggetti di uso quotidiano. La casa dei contadini mostra la cucina con tutte le pentole e gli accessori dell’epoca; si può vedere la filanda, la scuola coi banchi i quaderni e calamai. E poi la bottega del calzolaio, quella del falegname, l’officina del fabbro, e tutti gli attrezzi agricoli dell’epoca.”
I sogni nel cassetto
Quale socio del museo della civiltà contadina di Gaville Arturo ha partecipato alla manifestazione “Autumnia” portando con sé una piccola forgia per fare dimostrazioni di come si lavorano i metalli e soprattutto per far provare i bambini ad avvicinarsi a questo mestiere.
“Non mi aspettavo di vedere così tanto entusiasmo sia nei bambini che nelle bambine: Ognuno si è portato a casa il suo pezzetto di ferro lavorato e adesso fra i miei sogni nel cassetto c’è anche quello di creare una scuola di forgiatura.”
Altro desiderio di Arturo Badii sarebbe quello di creare un percorso d’arte con installazioni lungo la strada che da Greve in Chianti porta a Lamole.
“Dopo aver ricevuto il premio “Cittadino emerito” avevo preparato una serie di bozzetti di questa mia idea che al Comune di Greve era piaciuta molto. Nel progetto dovevano essere coinvolti altri artisti e io avrei prestato la mia opera gratuitamente. Era necessario però preparare molti documenti e io nella burocrazia mi perdo. Perciò al momento non se ne è fatto niente, peccato!”
Questo progetto piace molto anche a noi, il territorio grevigiano ospita molti artisti meritevoli di visibilità, e un percorso d’arte come quello che ha in mente Arturo potrebbe essere una bellissima idea.
Come si lavora il ferro
Arturo mi spiega il suo lavoro e a sentirlo parlare sembra quasi semplice.
“Il ferro si compra in barre lunghe 6 metri, tondini piccoli o barre più grandi in base al lavoro che va fatto. Oppure si acquista in lastre di lamiera di spessori diversi.
Per fare ad esempio una foglia di olivo si parte da un tondino piccolo, si scalda bene per renderlo morbido, fino a farlo diventare rosso. Poi col martello a mano o elettrico (meno faticoso), si schiaccia sull’incudine e si fa la fogliolina.”
” Per fare i riccioli si scalda il ferro la misura necessaria e si piega. Piccoli riccioli sono forgiabili anche a freddo.”
“Per fare una scultura si parte invece da un disegno. Una installazione, che mi è piaciuto molto realizzare (grazie alla Macina di san Cresci) è stata la volpe al castello di Montefioralle.”
“Per fare la volpe sono partito non dai tondini di ferro ma dalle lastre di lamiera. Ogni singola parte è stata disegnata sulla lamiera, poi tagliata e lavorata con martello e incudine. Poi le singole parti sono state messe insieme saldandole, e alla fine ho riempito i vuoti che restavano con saldature.
Il ferro fonde a 1500 gradi, quindi un artigiano come me non potendo raggiungere temperature superiori a mille, non può fare fusioni e colature. Però posso ammorbidire il ferro abbastanza da fargli prendere qualsiasi forma che mi suggerisca la fantasia, battendolo e saldandolo.”
Così il fabbro siede davanti all’incudine
Siracide 38:28
ed è intento ai lavori del ferro:
la vampa del fuoco gli strugge le carni,
e col calore del fornello deve lottare;
il rumore del martello gli assorda gli orecchi,
i suoi occhi sono fissi al modello dell’oggetto,
è tutto preoccupato per finire il suo lavoro,
sta sveglio per rifinirlo alla perfezione.
Arturo Badii ha saputo trasformare l’antico mestiere del fabbro in vera arte.